Onorevoli Colleghi! - Il referendum costituzionale, che avrà luogo il 25 e 26 giugno 2006, sulla riforma della parte II della Costituzione prevista dal progetto di legge approvato nel novembre 2005, è la prova ultima, la sintesi più efficace delle profonde divisioni del Paese e delle contrapposizioni indotte dalle scelte unilaterali, sotto il profilo costituzionale e delle regole parlamentari, fatte dalla coalizione del centro-destra nella precedente legislatura, che hanno stravolto la parte seconda della nostra Costituzione.
      Nella precedente legislatura, nel merito e per le procedure adottate dalla coalizione di governo, si è determinata una condizione istituzionale e politica del tutto opposta a quella conosciuta nella XIII legislatura con l'approvazione di importanti leggi di revisione costituzionale che riguardavano questioni a suo tempo affrontate nel progetto approvato dalla Commissione parlamentare per le riforme costituzionali: dalla riforma dell'ordinamento regionale e del titolo V della parte seconda della Costituzione alla revisione dell'articolo 111 con la costituzionalizzazione dei princìpi del «giusto processo». Un percorso riformatore che, nel confronto parlamentare e per le scelte adottate, la coalizione dell'allora maggioranza di centro-destra ha interrotto nella XIV legislatura e che è essenziale riprendere nella legislatura attuale.
      Rimane infatti viva la necessità di porre mano ad una organica revisione delle norme costituzionali concernenti la forma di Stato, la forma di governo, il Parlamento

 

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e il connesso sistema delle garanzie disegnate dalla Costituzione del 1948. Altrettanto diffusa è la convinzione che la necessaria riforma dei moduli di organizzazione e di funzionamento degli apparati pubblici, per quanto radicale, non possa comportare la messa in discussione dei valori di civiltà che si sono affermati nella consapevolezza sociale del nostro Paese anche grazie alla determinante azione di orientamento svolta dai princìpi di libertà e di giustizia sociale contenuti nei princìpi fondamentali e nella parte prima della Costituzione repubblicana. Di qui le giuste perplessità nei confronti delle proposte di istituzione di un'Assemblea costituente che inizi i propri lavori partendo dal presupposto di un potenziale azzeramento dell'intero ordinamento costituzionale esistente. Gli esiti della messa in opera di una simile Assemblea potrebbero infatti risultare, come i precedenti storici insegnano, pericolosamente imprevedibili e gravemente destabilizzanti anche per gli assetti politici del nostro Paese.
      La presente proposta di legge costituzionale intende individuare una soluzione a questa impasse, che ormai vanifica da troppi anni l'esigenza di una organica riforma istituzionale. Da un lato, l'esito negativo dei lavori della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali della XIII legislatura ha purtroppo confermato la perdurante validità del «paradosso costituzionale» prospettato in dottrina: quanto più un determinato sistema politico necessita di un profondo intervento di riforma strutturale, tanto meno esso è capace di portare a termine tale intervento attraverso risorse endogene e le ordinarie vie parlamentari (quelle, per intenderci, disegnate nel nostro ordinamento dall'articolo 138 della Costituzione). Dall'altra parte, il ricorso a strumenti straordinari e in particolare alla diretta investitura popolare di un organo con pieno mandato costituente rischia di aprire quella destabilizzante fase di sospensione dell'intero ordinamento, compresi i diritti fondamentali, cui si è prima accennato.
      La soluzione che qui si ipotizza prevede di dare vita ad un'Assemblea eletta dal popolo con lo specifico mandato di provvedere alla revisione della sola parte seconda della Costituzione del 1948. Il progetto di legge costituzionale impone all'Assemblea rigorosi limiti di competenza. Viene infatti esplicitamente precluso a questo organo di esaminare progetti di revisione dei princìpi fondamentali e della parte prima della Costituzione, che rimangono attribuiti alla competenza delle Camere, secondo le ordinarie procedure dell'articolo 138 della Costituzione stessa. Viene inoltre confermato il divieto, già contenuto nella vigente Carta costituzionale, di procedere alla revisione della forma repubblicana, divieto nel quale il pensiero costituzionale prevalente legge una sintetica espressione di fedeltà ai fondamentali princìpi di democrazia del sistema. È altresì espressamente precluso all'Assemblea l'esaminare atti di indirizzo e di sindacato ispettivo nei confronti del Governo. Questa ultima previsione è motivata dal fatto che l'Assemblea in questione si troverà ad operare in contemporanea con le due Camere titolari del rapporto fiduciario nei confronti dell'esecutivo: si intende così evitare qualsiasi rischio di sovrapposizione tra il piano di svolgimento dell'indirizzo politico-legislativo ordinario e l'attività di revisione della Costituzione. Nella medesima direzione va la previsione di precludere alle due Camere, nel corso dei lavori dell'Assemblea incaricata della revisione costituzionale, l'esame delle proposte di legge costituzionale ricadenti nell'ambito di competenza assegnato all'Assemblea.
      Si intende inoltre distinguere nettamente, anche nella scelta degli eletti, fra l'espressione del mandato «costituente» all'Assemblea e il mandato politico alle Camere titolari del rapporto fiduciario con l'esecutivo. A questo fine è diretto lo stretto regime di incompatibilità previsto dall'articolo 5 della proposta di legge costituzionale con cui si dispone, tra l'altro, l'incompatibilità tra la carica di membro del Governo, di parlamentare europeo e
 

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nazionale e quella di componente dell'Assemblea.
      Definito nei termini rigorosi ora illustrati l'ambito di competenza dell'Assemblea, la proposta di legge costituzionale provvede a definire in primo luogo le modalità di elezione dell'organo. L'ampio carattere rappresentativo, che deve essere proprio di un'Assemblea con questo mandato, impone il ricorso ad un sistema di elezione di tipo proporzionale. Il progetto di legge sceglie tuttavia di dare attuazione a questo principio nel modo meno traumatico per il sistema, nella consapevolezza della necessità, da un lato, di non «inventare» un nuovo sistema elettorale accanto ai già numerosi sistemi diversificati attualmente in uso nel nostro Paese e, dall'altro, di non introdurre ulteriori fattori di turbativa al confronto politico improntato, a decorrere dal 1994, alla logica maggioritaria. Si prevede pertanto di eleggere l'Assemblea con le stesse modalità e nell'ambito delle medesime circoscrizioni definite dalla legge n. 18 del 1979 per l'elezione dei rappresentanti dell'Italia al Parlamento europeo. Tale scelta ha suggerito anche la soluzione di fissare la composizione dell'Assemblea in numero eguale a quello dei membri italiani del Parlamento europeo (settantotto).
      L'unica modificazione che viene apportata rispetto al sistema elettorale per le elezioni europee riguarda il voto di preferenza; in ragione dei particolarissimi compiti costituenti assegnati ai componenti di tale Assemblea vengono infatti a cadere gran parte delle ragioni che portano a «scegliere persone», trattandosi qui della necessità di «scegliere istituzioni». Alla luce di ciò, nella presente proposta di legge costituzionale si opta quindi per l'eliminazione delle preferenze in favore dell'elezione dei candidati di ciascuna lista nell'ordine in cui essi compaiono nella lista medesima. Sono conseguentemente previste le modifiche necessarie anche con riferimento ai gruppi di liste collegate ammesse dalla legge n. 18 del 1979 per la partecipazione alle elezioni delle liste espressione di minoranze linguistiche.
      Per quanto riguarda le modalità di approvazione del progetto di revisione costituzionale da parte dell'Assemblea, si prevede che questa concluda i propri lavori entro ventiquattro mesi dalla prima seduta. Per la disciplina dei lavori si fa rinvio alle norme del regolamento della Camera dei deputati. Per l'approvazione del progetto di revisione è richiesto il voto favorevole della maggioranza dei tre quinti dei componenti dell'Assemblea sia per la deliberazione dei singoli articoli che per la deliberazione finale. Si prevede quindi di sottoporre a referendum popolare confermativo il progetto così approvato; con previsione analoga a quella contenuta nell'articolo 138 della vigente Costituzione, si prevede di non dare luogo al referendum in caso di approvazione del progetto con maggioranza almeno pari ai due terzi dei componenti dell'Assemblea.
      Il meccanismo di approvazione così delineato sembra il più idoneo a coniugare la necessità della ricerca delle più ampie intese nella definizione del progetto con l'esigenza di apprestare sufficienti garanzie per gli orientamenti che dovessero emergere in dissenso dalle deliberazioni della maggioranza.
 

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